Ho bisogno di cibo

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    Qual è l'ultima cosa che un morto vede con gli occhi di un vivo? ...La luce...

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    Mallet Island o Fortuna... chi può saperlo....?

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    Era buio. Tentò di guardarsi attorno, ma tutto quello che riuscì a scorgere fu quel disgustoso velo nero che lo opprimeva, lo soffocava, lo costringeva a bramare la luce. Come si sentiva impotente, a stare lì, isolato da tutto e tutti. Tentò di muovere la mano destra, in modo da strofinarsi gli occhi stanchi. Non riuscì a muovere un muscolo. Voltò lo sguardo verso il basso: il suo corpo era completamente incatenato a quello che sembrava essere una sorta di muro color nero pece. Quando le vide, le pesanti catene si strinsero un po’, ma non in maniera insopportabile. Aveva la testa libera, almeno una buona nuova. Nuovamente, rialzò lo sguardo e si sforzò di capire dove diavolo si trovasse. Espirò nervosamente. Aveva paura e questo lo faceva imbestialire, creando un miscuglio di emozioni che quasi lo fece vomitare. Era prigioniero? O l’avevano portato nelle segrete della scuola? Impossibile, si disse, aveva fatto di tutto pur di tenere un basso profilo, da quando era arrivato. O forse stava subendo un castigo perché Unmei si era mangiata qualche piccione che aveva catturato nel cortile? Ringhiò al vuoto. Che cazzo stava succedendo? Si dimenò, agitando le braccia, per quanto le catene glielo permettessero, nel disperato tentativo di liberarsi. Quanto se ne pentì, dopo. Un dolore lancinante gli percosse le membra, come una sorta di elettroshock. Si fermò di botto, mugugnando dalla sofferenza. Si guardò nuovamente i polsi, che erano stati trascinati verso l’alto. Sanguinavano e parecchio, precisamente nei punti in cui stavano sfregando con il metallo. Fottute punte… Strinse i denti e tentò di tirare con forza maggiore. Chissà, magari avrebbero ceduto; ma, come per volerlo contraddire ed insultare al tempo stesso, le catene si strinsero ancora, molto di più, rispetto a prima. << Da quanto sono qui…? >> pensò tra sé e sé. Minuti, forse ore o addirittura giorni. Non ne aveva alcuna idea. Placò il suo strattonare e si abbandonò contro la fredda parete. Lo sguardo verso il basso, che fissava il buio, quasi a volerlo accusare delle sua sventura. Strinse i denti fino a sentirseli digrignare.
    Una risata ruppe il silenzio. Rialzò il capo di scatto. Non era una risata fredda e malvagia, come si sarebbe aspettato da un carceriere, ma il sommesso atto di giubilo di una donna. Il giovane continuava a buttare fuori il fiato come macigni mentre, con un ringhio feroce stampato sul viso, faceva guizzare le pupille di qua e di là per le tenebre. Dopo quelle che parvero ore, una nuova risata gli giunse alle orecchie… Dunque apparvero: un uomo e una donna, a braccetto, passeggiavano da destra verso sinistra, senza degnarlo di uno sguardo. A mano a mano che si spostavano, una sorta di globo trasparente li avvolgeva e seguiva, mostrando il limitato vedere di una via di città illuminata dalle luci al neon di quanti più negozi un uomo potesse immaginare. Strizzò gli occhi, nel tentativo di vederli meglio: lui, con un cappotto color crema e un paio di scarpe di cuoio nero che avrebbero fatto invidia al più famoso affarista, appariva avere circa trentasette anni; i capelli, neri come il buio che avvolgeva il Devil Hunter, erano ordinatissimi, pettinati all’indietro, e dalla lunghezza perfetta, proprio come la sua degna di nota barba incolta. Lei, invece, con un piumino che aveva l’aria di essere il più caldo al mondo, portava i capelli ambrati sciolti sulle spalle, facendoli arrivare quasi ai fianchi ed aveva un’espressione di beata contentezza sul viso.
    << Mi sento un po’ in colpa a non averlo portato con noi… >> affermò lei; lui rise e la sua voce riecheggiò per lunghi istanti nella testa del loro apparentemente invisibile ascoltatore. << Starà bene! >> rispose, << ho raccomandato Mary di metterlo a letto presto >> si accarezzò la barba con la mano libera, << Dante mi ha chiesto di lui, a proposito >> la donna lo guardò di scatto, << e perché? >> gli chiese di rimando, << gli piacerebbe renderlo partecipe al progettino al quale ha dato il via da un po’… >>, << parli di quella… “scuola”? >>; egli annuì, << chissà, forse gli accadrà quello che è successo a me. Più o meno l’età è quella… >> divenne curiosamente serio, nel vedere la preoccupazione della moglie. << Non ce lo manderò, puoi stare tranquilla! >> la rassicurò, << Dante se l’è presa un po’, ma ho rifiutato >>
    Una figura quadrupede apparve alle loro spalle. Silvio spalancò gli occhi. << Non toccarli, brutto figlio di puttana! >> provò ad abbaiare, ma il dolore gli lacerò la gola. Quasi letteralmente: le sue corde vocali erano state strappate via, lasciandolo però sofferentemente vivo. Il mostro alzò i suoi artigli anteriori…

    … e fendette…
    …sangue…
    … carne strappata via…
    …membra mutilate…
    …urla terrificanti…
    … nessuno che accorresse in aiuto dei suoi genitori…
    Ma poi… un mantello rosso prese a sventolare all’interno del globo ed il demone, alla sua vista, fuggì…
    La sfera eterea svanì, lasciando il ragazzo nuovamente nel buio. Un ringhio si materializzò da qualche parte ed una creatura disgustosa si avvicinò al suo campo visivo. Non si era sbagliato, era quadrupede. Lunghissimi artigli di una sorta di ferro affilatissimo gli spuntavano dalle zampe anteriori; la sua testa, curiosamente minuscola, presentava numerosissimi tagli sanguinolenti e la bocca, non possedente guance o pelle, era scoperta in un sorriso raccapricciante dai denti appuntiti. I suoi occhi erano totalmente neri. Il corpo aveva muscoli enormi, nonostante la stazza molto simile a quella di un leone e anche esso era completamente scoperto dalla pelle… O forse quella pelle non è mai esistita… Silvio guardò il demone di rimando, senza tremare, senza temere, senza desideri di vita o di morte. Tutto quello che voleva era…

    … vendetta…
    Ma era impossibile. Era ferito. Era immobilizzato. Era alla mercè del nemico. << Uccidimi… >> riuscì a dire, con un gorgoglìo di sangue. Il demone inclinò la testa da un lato, come se non avesse capito. << Uccidimi! >> gridò, chissà come, << tanto non mancherò a nessuno… >>; rialzò lo sguardo e la creatura infernale gli fu addosso, gli artigli snudati, pronti a colpire… e lo fecero…


    Silvio si tirò su a sedere, facendo un macello della coperta. Unmei abbaiò forte, spaventata dall’improvvisa reazione del suo padrone. Quando si fu reso conto di quello che era appena accaduto, il Devil Hunter si passò il dorso della mano sulla fronte, per scoprire che era madida di sudore. Sospirò e si massaggiò la tempia con la stessa mano, socchiudendo gli occhi. Questa era bella: non aveva mai avuto sogni simili. Che diavolo mi prende…? Si chiese. Osservò i propri palmi. Tremavano come foglie al vento. << Merda… >> sibilò mentre si stringeva le mani sotto le ascelle. Tutto il torso nudo era fradicio, come il materasso e gran parte della coperta. Si dondolò in avanti e indietro, respirando a fondo per diversi minuti, al fine di calmarsi almeno un po’, almeno quel minimo che gli permettesse di riacquisire quella tanto combattuta lucidità e, magari, scacciare quella fastidiosa paranoia che gli era rimasta addosso. Senza volerlo, prese a canticchiare: << How long can you stand the pain? How long will you hide your face? How long will you be afraid… are you afraid? How long will you play this game? Will you fight or will you walk away? How long will you let it burn… let it burn? >> terminò il ritornello e riaprì le palpebre. Il suo respiro e il suo battito cardiaco erano tornati al loro solito ritmo rilassato. Sospirò un’ultima volta; almeno mi sono calmato un po’…
    Si alzò e prese alcuni indumenti puliti dal suo cassetto, tra cui una felpa rosso sangue che indossava piuttosto raramente. Forse dipendeva dall’umore, o forse dal fatto che aveva visto tutto quel sangue nel suo sogno… o forse perché era in vena di uccidere… scosse il capo violentemente; che razza di pensieri sono, questi?
    << Resta qui, Unmei, tornerò tra dieci minuti >> ed andò a farsi la doccia nel bagno del dormitorio Force Edge. Nonostante fossero già passati tre giorni da quando era arrivato e presentatosi ai ragazzi che risiedevano lì durante il loro corso di studi, nessuno ancore l’aveva approcciato con fare amichevole. Le uniche volte che qualcuno gli aveva rivolto la parola, si limitava a chiedere cose sciocche come la provenienza di Unmei oppure il calibro di Heaven e Hell. Gli dava fastidio, perché quelle erano semplici curiosità fini allo spezzare il silenzio e non per farsi due chiacchiere come Dio comanda. Sbuffò quando l’acqua bollente gli scorreva lungo il corpo. Rimase lì, testa bassa, immobile, occhi chiusi, in meditazione. << Il nostro limite è il cielo… dobbiamo solo imparare a volare… >> le parole del suo maestro d’arti marziali riecheggiarono nella sua testa. Era forse segno che doveva costringersi ad andare avanti? Lo sperava con tutto se stesso.
    Tornò nella sua stanza, dove trovò Unmei addormentata sul letto rimesso in ordine. Il ragazzo sorrise… e il suo stomaco ruggì di fame. Silvio si schiaffò la mano sulla fronte tanto da far svegliare la lupa di soprassalto; << sono due giorni che non mangio… >> si rimproverò. Guardò l’orologio. Le sette. Se la memoria non gli stava facendo un brutto tiro, a quell’ora iniziava la colazione nella mensa. Annuì e prese tutto il suo equipaggiamento, per poi uscire dal dormitorio assieme al suo animale.

    ***




    Quando arrivò sul posto, non fece molto caso all’enorme marmaglia di studenti e professori che mangiavano e discutevano allegramente seduti ai loro posti ai piccoli tavoli rotondi che erano sparsi per l’intera sala. In fondo vi era un gigantesco piano d’appoggio stracolmo di cibarie di qualsiasi tipo: uova strapazzate, croissant, muffin, bacon fritto, toast, marmellata, pancake e chi più ne ha più ne metta – e magari qualcosa in più -. Quest’ultimo lo fece rimanere a bocca aperta, quasi avesse visto l’amore della sua vita. O del suo stomaco. Non ne aveva idea, ma la sua mente era concentrata su un’unica missione: mangia… mangia… MangiA… MAnGiA… MANgia… MAN…
    << Che cazz guaddi?! Vattinne a magnà! >> un bidello lo riscosse con un’impaziente pacca sulla spalla destra; l’impatto fu tale che Silvio quasi rischiò di cadere lungo disteso. Fortunatamente riuscì a rimanere saldo sulle sue gambe.
    Con tutta la calma e indiscrezione del mondo, si avvicinò a tutto quel bendidio e si riempì un piatto. Quando ebbe adocchiato un tavolino isolato e vuoto verso il fondo della mensa, ci si sedette e cominciò a fare mambassa di quelle leccornie, mentre Unmei correva verso il cortile, nella speranza di riuscire a prendere un altro di quei piccioni che le piacevano tanto.
    Prese i primi bocconi mentre apriva un libro da lettura sul tavolo. Sperò di riuscire a godersi il pasto in pace...
     
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    Scusa, ti dispiace se mi siedo qui?
    Mangiare - o fare una qualsiasi altra cosa - in pace, li? A Mallet Island? E soprattutto, all'interno delle antiche mura di quella Scuola? Doveva essere nuovo, non potevano esserci altre spiegazioni. Più nuovo dell'enorme - superava i due metri di altezza - indiano che si ergeva di fronte a lui, indossando una tuta piuttosto trasandata - il suo pigiama - e tenendo sollevato con una sola mano un enorme vassoio contenente una quantità spropositata di hamburger. Lo stesso indiano che si sedette pesantemente di fronte a luiancor prima di permettergli di rispondere, poggiando la montagna di carboidrati e proteine sul tavole occupandone una buona parte, prima di avventarcisi e mandar giù il primo dei panini in un paio di morsi.
    Effettivamente, anche Jacob si trovava alla scuola da poco. Tre mesi ed un paio di settimane all'incirca. Ma in quel periodo era già riuscito ad abituarsi a gran parte delle stranezze e delle assurdità di quei luoghi, ambientandosi senza fatica com'era naturale per una persona semplice e bonaria come lui. Ed aveva iniziato anche a trarne vantaggio: da nessun'altra parte, per esempio, avrebbe potuto svaligiare le cucine a sbaffo così tanto tutti i santi giorni...
    Sei fortunato che non fosse Garcia - commentò poco dopo, prima ancora d'aver finito di masticare e riferendosi al bidello che poco prima s'era rivolto al suo compagno di tavolino - quello è fuori di testa, probabilmente t'avrebbe preso a bottigliate.
    Non fece nemmeno in tempo a finire ridacchiando la frase che si ritrovò a guardarsi attorno allarmato. Fortunatamente, non trovò segni del passaggio di inservienti ispanici incazzosi e non avvertì il tipico sentore di tequila che il losco figuro si portava dietro: l'aveva fatta franca, questa volta. Dopotutto, Garcia a quell'ora probabilmente dormiva ancora.
    Sei nuovo di queste parti?
    Evidentemente era in vena di chiacchiere, ed il libro che l'altro teneva in mano non sembrava funzionare come deterrente al disturbo. Probabilmente non l'aveva proprio visto, con la visuale coperta dagli hamburger e l'attenzione concentrata principalmente su di loro. Il tutto legato probabilmente al fatto che, oltre ad un certo quattrocchi con manie d'onnipotenza, non aveva ancora conosciuto nessuno al punto di poterlo definire un amico. Tutti troppo presi dalle loro missioni, dai loro compiti, dallo sviluppo dei loro poteri ed a piangersi addosso e/o fare i duri a causa dei loro passati oscuri e tenebrosi, intenti a portare a compimento destini di vendetta e sangue...possibile che fosse l'unico, li dentro, a non aver alcuna storia tragica alle spalle? Ad essersi ritrovato poteri praticamente a caso e dal nulla, senza alcun bisogno di aver ucciso/visto uccidere la propria famiglia o aver passato ogni singola vacanza estiva fin dall'infanzia sulle coste dei mari di fuoco dell'Inferno?
    Mah, meglio non pensarci. Non essere orfano non era poi così male: certo, doveva sorbirsi le chiamate dei suoi che gli chiedevano quando sarebbe andato a trovarli, se mangiava bene, ed insistevano col classico ed imbarazzante "hai trovato una brava ragazza?" - come se un qualsiasi diciannovenne al mondo avesse mai desiderato di stare con una ragazza definibile brava da un qualsiasi genitore che non fosse un pornoattore - ...ma a Natale aveva ricevuto due maglioni - orrendi - ed una stecca di sigarette. Chissà come avrebbero reagito tutti, suo nonno in testa, quando si sarebbe deciso ad ammettere d'aver perso il Martello...
     
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    Silvio girò pagina e continuò a leggere, mentre lavorava di mandibola. Si interruppe un attimo per bere un sorso di caffè; strizzò gli occhi per un istante, in modo da recuperare il segno della storia che stava seguendo. Tuttavia, i suoi pensieri cominciarono a vagare, come se la sua stessa anima si rifiutasse di rimanere lì, in mezzo alle problematiche della vita di tutti i giorni – se così si potevano definire e, soprattutto, se quella vita si potesse considerare comune - . Ripensò al periodo in cui era costretto a lottare col freddo e la fame, pur di sopravvivere, quando la paura invadeva costantemente il suo essere, senza mai abbandonarlo. Le lacrime che aveva versato durante quegli infiniti giorni e quelle infinite notti lo avevano prosciugato nel profondo a tal punto da non consentirgli d’aprirsi con alcuna persona cosciente – o quasi – che non fosse sé stesso. Gli occhi continuarono a scorrere tra le righe per conto loro, senza che lui si curasse delle vicende che quelle parole tanto fantastiche quanto arcane ed elaborate stavano narrandogli. Battè le palpebre una volta e la sua attenzione tornò tra noi mortali, spostandosi, subito dopo, sui pancake coperti di panna montata che aveva così crudelmente abbandonato; sospirò, a pieni polmoni, ed affondò nuovamente la forchetta in quel capolavoro di arte culinaria. Una piccola smorfia gli sfuggì quando si fu sporcato la nocca del medio sinistro nell’intento di tagliare il cibo; mentre si leccava via i residui dalla mano, osservò un po’ le persone che lo circondavano in una mattinata così allegra e soleggiata: pseudo persone dalle fronti cornute che divoravano voracemente dei cosciotti di quello che sembrava una sorta di pollo gigante – neanche cotto, se è per questo -, giganteschi omaccioni robusti che ridevano a crepapelle nel sentire la battuta dell’amico, donne alate e dall’aspetto tenebrosamente attraente che si limitavano a parlare piano con le loro compagne di dormitorio, tradendo un’eleganza e raffinatezza che in pochi potevano vantare, e, ovviamente, gli immancabili umani, chi venuto lì per curiosità circa la scuola di cacciatori di demoni, chi risoluto a massacrare quante più creature infernali possibili, e chi finito lì per puro caso, tremante come una foglia, terrorizzato a morte. Così tante vite, così tante anime ma, soprattutto, così tanti destini concentrati in un unico luogo. Destini… Una parola che, da quando aveva compiuto dodici anni, lo aveva sempre fatto riflettere a fondo sul suo significato: se davvero la vita di un individuo è già scritta e prevista da un essere superiore, o entità che essa sia, vale davvero la pena di dannarsi pur di scoprire cosa vi si trova alla fine? E se aveva ragione e i destini degli uomini sono comandati da un cosiddetto dio, forse le forze infernali si muovevano sulla terra al fine di conquistare una fetta di potere più grande, mettendo al lazo il fato degli esseri viventi. Chissà, forse era proprio questo l’obiettivo di un Devil Hunter: frantumare le speranze dei demoni e rispedirli sotto terra, l’unico dominio che era loro consentito, a detta di ogni saggio conosciuto.
    Si strofinò la mano sulla fronte, preso da un’improvvisa ma leggera emicrania. Amava riflettere in quel modo, tuttavia, la maggior parte delle volte, questo si rivelava controproducente.
    << Scusa, ti dispiace se mi siedo qui? >> qualcuno chiese alle sue spalle. Una voce mascolina, parecchio profonda. Silvio non riuscì a fare a meno di sobbalzare e voltarsi di scatto. Tutto quello che riuscì a vedere fu una montagna – letteralmente – di hamburger, tutti impilati uno sopra l’altro su un unico vassoio dal diametro di trenta centimetri. Chi aveva postogli la domanda, chiunque egli fosse, non aveva atteso una risposta da parte sua e si era già accomodato, per poi cominciare a scatenare l’inferno con tutte quelle cibarie. Silvio si sporse leggermente a destra, nel tentativo di vedere in faccia il suo compagno di tavolo: un muscoloso energumeno di origine indiana stava trangugiando tutta quella carneficina di bovini e suini – sempre se non vi erano stati aggiunti ingredienti un po’ più esotici -, ed era vestito con una tuta da jogging talmente sgualcita che sembrava ci avesse dormito dentro. Il ragazzo inclinò la testa da un lato, incuriosito e, quando l’altro lo ebbe notato, lo salutò con un piccolo cenno della mano destra.
    Si rimise a posto e ricominciò a mangiare; aprì il libro nel punto in cui l’aveva lasciato.
    << Sei fortunato che non fosse Garcia >> l’indiano riprese il discorso, riferendosi al bidello dalla mano pesante, << probabilmente ti avrebbe preso a bottigliate… >> s’interruppe bruscamente. Silvio inarcò un sopracciglio, ma capì cosa intendeva dire: colui al quale si stava riferendo era un temibile cacciatore ritiratosi per motivi sconosciuti, per quel che aveva sentito il diciassettenne. O forse quello era un piccolo golem d’acciaio e lui aveva frainteso. Fece spallucce.
    << Sei nuovo di queste parti? >> gli chiese. Il Devil Hunter sorrise. << Silvio Shine da Mallet Town >> si presentò, << diciassette anni, appassionato di arti marziali, ragazze e musica ed iscritto alla Devil May Cry da tre giorni appena >> chiuse il libro con uno schiocco secco, << tu, invece? Non mi sembri un tipo esattamente bellicoso, anzi, mi ispiri più fiducia di quanto possa fare mia sorella >> anche se è una mutante… aggiunse tra sé e sé. Sperò di non aver esagerato con tutta quella simpatia…
     
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    Finalmente, dopo aver fatto fuori un terzo della montagnola di hamburger che costituiva la sua colazione tipo, Jacob riuscì a vedere il suo interlocutore - del quale, prima, aveva solamente intuito la sagoma al di la del cibo e dell'accecante desiderio di consumarlo. E subito cercò di convincersi a non fissarsi sullo sfregio che gli attraversava il volto da una parte all'altra. Chi s'era inventato che le cicatrici erano fighe? Fumetti, film e libri dove il personggio più figo esibiva sfregi minimi e ben piazzati che non facevano altro che aumentare vertiginosamente il suo indice di tostaggine. Ma nella realtà, le cicatrici non erano le sottili linee appena più scure del resto della pelle che spacciavano per tali nelle opere di fantasia: segni brutti e malformati, con grumi e via dicendo. Oltre che per educazione, Jacob si impose di volgere altrove lo sguardo anche per non perdere appetito. E poi, a ben pensarci, un segno del genere doveva essere un segnale che quel ragazzo fosse arrivato da poco alla Scuola: non aveva mai visto alcun cacciatore esibirne una. Perchè i cacciatori erano tipo invincibili, no?
    Le sue ipotesi vennero confermate dalle parole del ragazzo, che confermò di essere arrivato da pochi giorni e si presentò con un nome piuttosto esotico, che a Jacob dette un certo sentore di europeo. Ma per quanto ne sapeva dopotutto, era possibilissimo che quel tizio venisse da plutone o Narnia...
    Ha! - esclamò divertito, quando Silvio ebbe concluso la sua frase. Lui, poco minaccioso? Era probabilmente la prima volta che se lo sentiva dire, e non sapeva se ritenersi sollevato o offeso. Certo, non presentava corna o gusci o tentacoli o pelle di colori strani, ma era pur sempre due metri di muscoli ripieni di Furia incandescente - Avresti dovuto vedermi col mio martello!
    Non colse granchè il riferimento alla sorella, ma non vi diede molto peso ed addentò il panino successivo, tra i pochi superstiti del mucchio che s'era assottigliato di secondo in secondo.
    Comunque - proseguì, dopo essersi tolto di dosso un paio di goccioloni di ketchup caduti col panino con un tovagliolino di carta (che tentò pure di lanciare in un cestino, mancando clamorosamente l'obbiettivo) - Jacob Black, diciotto anni, appassionato di... - lasciò sospesa l'ultima lettera per qualche istante, mentre rifletteva su cosa effettivamente lo appassionasse - ..motori, tatuaggi e scazzottate. E ragazze, ovviamente, anche perchè non so se hai notato... - ed abbassò il tono di voce, avvicinandosi leggermente a Silvio con fare complice - ...ma da queste parti non ce n'è mezza che non assomigli ad una modella. - ...e pure con tette più grosse, ma gli parve poco appropriato dirlo ad alta voce.
    Piacere di conoscerti, Silvio.
    Ed allungò una mano all'altro, dopo averla ripulita dall'unto lasciato dalla colazione, sorridendogli. Anche se, nel caso il novellino avesse accettato la stretta, si sarebbe ritrovato con le dita strette come in una morsa d'acciaio: forse perchè Jacob in fin dei conti non sapeva ancora controllare perfettamente la sua forza incredibile...o forse, perchè gli aveva dato del tipo poco bellicosi.
     
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    La prima cosa che notò, quando la popolazione di panini che si ritrovava davanti venne decimata – letteralmente -, furono le pupille del suo compagno di tavolo cucite, anche se per meri secondi, sulla cicatrice che si ritrovava sulla parte sinistra del viso. Deviò il suo sguardo, mentre con la mano sinistra si copriva la ferita, col morale semiabbattuto dalla celata curiosità dell’indiano. Poteva anche essere imbarazzante o ridicola, ma Silvio era il primo a non averla mai voluta e a detestarla e marchiarla come il peggior aspetto che il suo corpo presentava.
    Stava tornando al suo nascondiglio, con una busta piena di sacchetti di patatine al formaggio – le sue preferite -, sorrise: mai fatto un bottino migliore. Aveva appena undici anni e, dopo essere stato buttato fuori di casa sua, ormai acquistata da qualcun altro, viveva in un vicoletto isolato e abbastanza difficile da trovare, dove aveva costruito una piccola capanna usando scarti di lamiere, qualche bullone e un paio di assi di legno. Non era esattamente il rifugio più sicuro di sempre, ma lo teneva caldo e asciutto di notte.
    << Dove credi di andare? >> lo fermò qualcuno. Il giovane si voltò, già infastidito dalla voce di colui che lo aveva richiamato, riconoscendolo all’istante: << Edward, lasciami in pace! >> piagnucolò dinanzi al quattordicenne reduce da non pochi furti con scasso ed aggressioni, molte ai danni del giovane Shine, << sono giorni che non mangio! >>, << dà qua e non fare storie! >> l’altro allungò la mano verso la busta dannata. << NO! >> sbottò Silvio e strattonò le proprie scorte, facendo poi per andarsene, ma Edward lo afferrò per una spalla, tirandolo a sé mentre snudava la lama di un coltello a serramanico; la vittima spalancò gli occhi, terrorizzata. Il fiato gli si fece subito corto. << Non vuoi proprio darmi il tuo carico del cazzo, eh? >> gli puntò l’arma bianca alla gola; Shine deglutì nervosamente. << E se cominciassi a tagliarti via le dita delle mani, una a una? Credi che riacquisiresti il buon senso? >>, << il buon senso ce l’ho ed ora mi sta dicendo di mandarti a cagare! >> rispose a tono il ragazzino. Edward digrignò i denti, come se avesse appena sentito quello che desiderava di più. << Come desideri! >> e fendette ma Silvio, prontamente, deviò la lama, colpendo il gomito dell’aggressore con l’avambraccio. Non servì a molto. Infatti, Edward tornò all’attacco, più velocemente, stavolta… e lo ferì al viso. Da quel giorno, portava il segno di quei pochi minuti di dolore, come un ricordo indelebile che l’avrebbe dannato ad una vita di miseria e solitudine…


    Si tolse il palmo dal viso, fingendo di grattarsi la guancia e sorrise in direzione dell’energumeno, nel tentativo di assumere l’atteggiamento che aveva mantenuto fino a pochi secondi prima. << Ha! >> sbuffò lui, riscuotendolo una volta per tutte. Evidentemente quel che aveva affermato Silvio era l’esatto contrario di come stavano le cose in realtà. Sbuffò di rimando: e lui che voleva fargli un complimento per farselo amico. Povero illuso. Tuttavia lo vide leggermente pensieroso, probabilmente per altre parole pronunciate dal giovane Devil Hunter.
    Si grattò il capo: forse aveva capito. << Vedi >> disse, << mia sorella non è esattamente… normale. E’ una sorta di “mutante” e, quando la vedi da lontano, ma anche da vicino, in realtà, non è molto rassicurante. Come aspetto, s’intende… >> subito dopo si massaggiò le tempie. Perché diavolo gliel’ho detto?!
    Quando Cynthia gli aveva detto che era un mutante, lui aveva semplicemente risposto con un secco e cortese “stronzate!”, e ben venga. Non era esattamente roba di tutti i giorni venire a sapere che un proprio parente riesce a far spuntare lame gigantesche dalle proprie braccia. Gli venne un rigurgito che mandò prontamente giù. Se per questo, non era neanche normale avere un demone come fratello. Scoppiò a ridere dell’assurda situazione in cui si trovava: i suoi genitori non c’erano più, sua sorella era un mutante e lui stesso era un mezzo demone, iscrittosi ad una scuola per cacciatori di inferi. Neanche fossi finito in un libro di Harry Potter, solo in una versione considerevolmente più violenta e dannatamente più seria ; con le lacrime agli occhi, fece cenno al suo compagno che non c’era niente di cui preoccuparsi, chiedendo scusa subito dopo per la piccola scenata. Finì gli ultimi bocconi dei suoi pancake.
    << Comunque >> l’indiano si pulì educatamente la bocca con un tovagliolo di carta, per poi accartocciarlo e scagliarlo alle proprie spalle, dove si trovava la pattumiera della mensa. Mancò totalmente il bersaglio; Silvio sorrise leggermente alla vista dell’omone che schioccava le dita e mugugnava un’imprecazione, << Jacob Black, diciotto anni >> si presentò, mi prendi in giro?! Diciotto?! << appassionato di … >> s’interruppe nuovamente, mentre si massaggiava il mento, con fare concentratissimo, << … motori, tatuaggi e scazzottate. E ragazze, ovviamente, anche perché non so se hai notato… >>, avvicinò leggermente la faccia a Silvio, che si sporse a sua volta, con un ghignetto di chi aveva intuito cosa stava per dire l’altro, << … che qui non ce n’è mezza che non sembri una modella! >> e prese a ridere di puro gusto. Shine non riuscì a fare a meno di assecondarlo, godendosi le risate come se fossero state un piatto prelibato, raro e prezioso come l’oro. Indicò Jacob; << date una medaglia a quest’uomo che si è appena guadagnato tutto il mio rispetto! >> tuttavia aveva ragione: ogni singola donna, lì dentro – salvo rarissime eccezioni –, era una bellezza mozzafiato. Chissà, magari sarebbe riuscito anche a conquistarne una.
    << Piacere di conoscerti, Silvio! >> Jacob allungò la mano, in segno di saluto. Prima che gliela stringesse, tuttavia, Silvio notò qualcosa di strano: i gonfi muscoli del braccio destro del suo compagno erano leggermente contratti e, a giudicare dal modo in cui aveva fatto scattare il palmo quando l’aveva portato all’altezza del petto del Devil Hunter, era pronto alla stretta più vigorosa che il ragazzo avesse mai provato sulla propria pelle. Sorrise. Strinse la mano di Jacob, facendo appello ad una parte dei suoi poteri, in modo da soddisfare il test al quale stava per essere sottoposto. << Il piacere è tutto mio >> disse con un sorriso amichevole, << a proposito, anche tu sei tra i Force Edge? >>
     
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    Peccato che Jacob non fosse un telepate; certo, avrebbe rischiato dovuto trattenere le risate per la storia della cicatrice - cioè, ok provare pietà per il povero babySilvio che era cresciuto in strada e vissuto in una baracca, ma farsi sfregiare per un sacchetto di patatine? Cazzo, stare in quella gabbia di matti lo stava decisamente desensibilizzando a certe cose... - , ma almeno avrebbe potuto rassicurare il nuovo arrivato: la sua storia non era affatto strana. L'avere demoni, mutanti, alieni o moguri in famiglia era praticamente la condizione standard della maggior parte dei Cacciatori ed era anzi Jacob, con la sua esagerata normalità, a risultare emarginato quando il discorso verteva su certi argomenti. Che fosse proprio la mancanza di drammi e traumi nel suo passato a rendergli così difficile costruire legami duraturi li dentro? Il massimo della tragedia che gli era toccato era stato mandare all'ospedale un insegnante cui aveva lanciato la cattedra, ed un ragazzo che s'era ritrovato a pestare perchè aveva guardato troppo a lungo la sua ragazza. Ah, i tempi in cui non riusciva a controllare la Furia che gli scorreva dentro: quello si che era stato terribile. Non quanto veder la propria famiglia macellata dai demoni o robe simili, certo, ma rischiare di accoltellare tuo padre solo perchè ti sta rimproverando o aver paura di baciare una ragazza, perchè il tuo istinto ti dice di prenderla per i capelli e stuprarla e non sai quanto riuscirai ancora a non dargli retta...non voleva pensarci. Non più. Perchè ora la controllava...circa. Perlomeno, riusciva ad incanalarla quando e dove gli serviva. Una volta liberata erano cazzi, certo...ma poteva decidere lui quando farlo.
    Ma non era momento di pensarci. Silvio aveva accettato la stretta, e gli aveva rivolto una domanda. Force Edge anche lui? Uhm, interessante...
    Avevi dubbi? - commentò l'indiano, mantenendo il sorriso e sollevando le braccia, gonfiando i muscoli in posa, nella parodia di un body builder. Force Edge, la casa dei superpoteri fisici...non era davvero difficile immaginare quale fosse toccato a lui!
    Tu invece, fammi indovinare... - continuò, prendendo a scrutare attentamente Silvio, portandosi una mano al mento come a voler riflettere - ...con quelle braccina gracili e l'aria delicata...scommetto che faresti vergognare Usain Bolt, vero?
    Un velocista; non ne era sicuro, aveva già avuto occasione di notare quanto le apparenze contassero poco la maggior parte delle volte li dentro - ancora non credeva a quelli che gli avevano indicato un ragazzo alto due mele e poco più come un Cacciatore leggendario - , ma le sue capacità deduttive arrivavano al massimo fino a li. Sperava che la menzione a Bolt funzionasse e non confondesse il suo interlocutore, molti cacciatori erano talmente tagliati fuori dal mondo dei comuni mortali che spesso non coglievano i riferimenti che a Jacob veniva tanto naturale usare...ma nome a parte, il ragazzo di fronte a lui pareva comunque piuttosto normale; abbastanza da cogliere, almeno. E nel frattempo i panini erano finiti, e la sete iniziava a montare: meglio una bottiglia di birra, o mantenersi più sul salutare e l'americano con un bel secchio di coca-cola?

    Due precisazioni:

    1) Come t'era già stato detto durante il tuo post d'ingresso in reception, non puoi controllare le azioni degli altri personaggi. Jacob non s'è messo a "ridere di puro gusto": io non l'ho scritto. Non ha schioccato le dita ne mugugnato un'imprecazione quando ha mancato il canestro. Sono cose molto piccole dunque stavolta fa niente, ma in futuro ricorda: non puoi far fare nulla, ma proprio assolutamente niente, ai personaggi altrui. Nemmeno una strizzata d'occhio o uno schiocco di dita. In situazioni come questa, ovvero role tranquille tra giocatori, la cosa comunque non ha alcuna conseguenza - a parte magari un po di fastidio per coloro con cui stai giocando che si ritrovano i personaggi controllati da te - , ma in quest o in combattimento ti ritroveresti a dover modificare il tuo post togliendo quelle parti! E' accettabile se e solo se ti sei accordato precedentemente con l'altro utente, ed è sempre meglio in caso specificarlo a fine post.
    Infine, se noti non ho scritto da nessuna parte che i muscoli di Jacob risultano tesi e gonfi prima che ti stringa la mano: questo perchè non ne ha bisogno. Una superforza di lv2 è più che sufficiente a strizzare le dita di qualcun altro senza dover fare alcuno sforzo. E ciò si collega direttamente al secondo punto.

    2) Silvio non ha alcun potere che gli permetterebbe di resistere alla stretta di mano di Jacob. Ora, appunto perchè questa è una discussione tranquilla, la cosa non è affatto grave e possiamo lasciare così senza problemi, ma in quest o in combattimento si tratta di qualcosa di fondamentale: il tuo pg non ha in scheda alcuna abilità o tecnica che gli avrebbe permesso di resistere, ad esempio, alla stretta di Jacob. E se un potere non è scritto in scheda, semplicemente il personaggio non lo possiede! Essere un mezzo demone non gli dona nessuna capacità a parte quelle che ha scritto in scheda.

    Mi spiace se risulto un rompiscatole su queste questioni, ma si tratta di qualcosa di fondamentale: come ho già ripetuto ora come ora questi errorini sono ininfluenti alla role in corso, ma solo perchè non stiamo combattendo ma solo dialogando tranquillamente. In altri tipi di role, avresti dovuto riscrivere più di metà del tuo post!
     
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5 replies since 22/2/2015, 21:40   150 views
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