Le forze del bene hanno cannato e andare tutti a farvi fottere.
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Fennec
Il cielo era la cosa più azzurra e luminosa e pulita che Fennec avesse mai visto in diciassette anni di esistenza. Come se dopo quei nove mesi di tempesta e buio il mondo avesse deciso di recuperare in un colpo solo tutte le giornate di bellezza che non era stato in grado di mostrarle in quel periodo e davvero, Sanctuary non era e non sarebbe mai stata bella quanto in quel momento. Un angelo che ti tira da sotto il letto per rassicurarti che il peggio è passato, una bambina che sorride perché è finalmente uscito il sole, ma è ancora fradicia per il temporale: Sanctuary era intrizzita e coperta di fango, i palazzi ciclopici ammassati l' uno su l' altro, a pezzi, su un' oceano di terra e macerie. L' intero East Dead era stato sepolto sotto miglia d' acqua e drappi di spuma bianca e per la prima volta da chissà quanto tempo, Fennec sentì il verso dei gabbiani. Da piccola, quello starnazzare serviva solo ad irritarla. Adesso era il suono della vittoria - ce lo avrebbero messo tra i canti sacri ebbastacazzo e non avrebbe potuto essere più inebriante. Peccato, le sarebbe piaciuto goderselo. Ma proprio non ci riusciva da quando quella cosa era apparsa. Perché oh si che lei lo sapeva, si sentiva radicata fin dentro le ossa la consapevolezza che, qualunque cosa fosse, non doveva trovarsi lì. Si strinse nello scialle per un brivido, era mattina e l' aria sapeva ancora di umido e gelido nonostante il sole, ma le cose sarebbero cambiate e sapeva anche questo. Da quella mattina in poi tutto sarebbe andato meglio. Quindi tornò alla tenda, il tempo di infilarsi gli scarponi e controllare che Maria stesse ancora dormendo, " Dovresti vedere che giornata! Appena ti riprendi devi spalmarti sotto il sole, sei pallida da far schifo! "
Il corpo di Maria restò immobile, rannicchiato in posizione fetale sulle pellicce e i cuscini. Fennec provò a sorridere, c' era un cielo troppo limpido per non provarci e non credere al fatto che mancava poco al momento in cui Maria si sarebbe svegliata. Le scompiglio i capelli rossi e la baciò sulla fronte. Presto sarebbe tornata da loro.
Le mura della città erano state mostri di metallo e vetro indistruttibile. Una sola notte, un Dio con sette occhi e la macchina di morte più sciroccata dei mondi erano riusciti a ridurle in nulla più che una collina di gigantesche briciole ocra e azzurre, tanti gioielli luccicosi sotto i raggi del nuovo sole, con pilastri fratturati addossati gli uni sugli altri. Quella cosa era lì, inutile e inaccettabile che cercasse pure di passare inosservata, " Tanto lo so che ci sei. ", quando solo un' idiota non avrebbe potuto notarla. Ad un occhio distratto sarebbe sembrata semplicemente una voragine come le altre, una spaccatura nera in mezzo a due lastre di metallo miracolosamente ancora in piedi. Ma chi voleva prendere in giro? Sapeva che stava solo cercando di nascondersi, era da quasi due giorni che Fennec la teneva d' occhio e l' aveva vista muoversi e stiracchiarsi. La sera prima l' aveva chiaramente osservata mangiare, si era aperta come una bocca e ne erano usciti tentacoli d' ombra, che afferrarono una manciata di detriti attorno e li portarono dentro da dove erano sbucati. A starle vicino di una ventina di metri, la ragazza sentiva anche qualcosa come un vento freddo che ne usciva fuori. Uno spiffero. O il suo alito?
" Senti, sarà un problema mio, ma mi inquieta avere 'sta cosa a pochi passi da casa. "
" Ha funzionato. Fennec, ha funzionato... "
La voce di Stray alle sue spalle era rotta dall' eccitazione. Il sapere che aveva funzionato una coltellata rovente che le mozzò il respiro:
" No... "
" Sono libero. "
" No. Ti prego... "
" Sono libero. "
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