Il Sovrano della Cattedrale- prologo

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    Centrale del Comitato di Sorveglianza, ore 19:00
    Superò la porta principale ed ignorò completamente la figura che uscì dalla Sala a turno appena finito, captò solo l’eco di un respiro profondo, stanco e al contempo sollevato per il peso toltosi dalle spalle e ceduto alla sua collega appena arrivata. Quando la porta si chiuse dietro di sé Lilith inspirò a fondo l’aria carica di sudore e ormoni maschili, probabilmente provenienti dal collega senza-nome che si era lasciata alle spalle, e la cosa bastò a mandarla in euforia.
    Maledetta ninfomane.
    Attraversò in poche falcate la sala, aggirando la pedana del teletrasporto senza staccarle gli occhi di dosso, mentre l’adrenalina che provò la prima volta in cui si smaterializzò dal posto di lavoro tornava a farsi sentire, tramutandosi in desiderio e quasi astinenza, da quel mezzo di trasporto formidabile. Si fermò a pochi centimetri dalla sua postazione, concentrandosi, focalizzandosi su Wrath e cercando di tenerla a bada per non rischiare com'era successo la prima volta, quando dovette arrivare al limite del baratro e della sopportazione, prima di poterle dar qualcosa da mettere sotto i denti, rischiando di farla impazzire. Ispezionò nella sua psiche alla ricerca del suo secondo peccato capitale e lo trovò più nervoso della volta precedente: la prima esperienza lavorativa non aveva lasciato, nella sua memoria, un bel ricordo.
    Quanto tempo dovrò aspettare stavolta, eh? QuAntO? Due, TRE ORE? O magari giorni?
    «Il tempo necessario affinché arrivi un incarico.» disse atona, ad alta voce: dopotutto non vi era nessuno ad ascoltarla, in quella Sala, a parte se stessa.
    Ci vuol troppo, TROPPO! Avresti potuto saziarmi prima di venire qui! Avresti potuto creare qualche essere da fare a pezzi o scovare qualche demone nel bosco, avr..
    «E tu ti saresti saziata, Ira? Ti saresti divertita ad andare a caccia di qualche misero verme incapace di suscitare la tua rabbia? Te lo dico io: no. E, oltre alla frustrazione, avrei dovuto passare tutta la giornata a rimetterti a bada. E dato che qui le regole le faccio io ti conviene metterti buona ad accumulare l’incazzatura per dopo, o giuro che non ti darò sfogo per così tanto tempo che dovrai farmi gli occhi dolci e pregarmi solo come Lust sa fare, e non è detto che allora ti concederò ossigeno.»
    E Wrath si zittì, tremante di rabbia.
    Finalmente espirò, cacciando via tutto lo stress e il nervosismo che l’Ira era riuscita a passarle prima di essere zittita. In parte le dispiaceva prendere certe misure con lei o Lust, dopotutto facevano parte di un solo essere, anziché costituire tre entità differenti che condividevano un sol corpo: nonostante le differenze di carattere e gli interessi spesso discordanti non potevano essere dichiarate personalità distinte, poiché gli innumerevoli anni passati assieme avevano miscelato le loro essenze fino a crearne una sola e indivisibile; come una tavola su cui venivano mischiati dei colori: nonostante le tonalità nettamente differenti vi erano tra loro tenui e indispensabili sfumature. D’altra parte, però, non poteva lasciar troppo libero spago alle altre due senza mettersi nei casini e combinare qualche disastro: che fosse la rottura di una coppia o il genocidio di massa. Da un lato Lust cercava di giustificarsi con una frase più ironica che vera come “Ma se è vero amore cosa potrà mai fare una sveltina?” e magari anche scamparsela, Wrath non poteva giustificare i suoi desideri così facilmente. Dopotutto l’adulterio sarebbe potuto essere più ammissibile se a provocarlo fosse stata la Seduttrice in persona. In caso di mancanza di fiducia da parte del partner a Lilith non costava nulla mostrarsi in carne ed ossa e magari farsi anche la dolce metà della sua vittima, così da far pareggiare i conti alla coppietta e farla vivere sedotta e felice per il resto della loro vita. Ma Wrath, invece? Lei desiderava cose che difficilmente Lilith poteva concederle senza creare inevitabilmente il panico. Lei non si accontentava di assistere: lei voleva provocare la morte, con le sue proprie mani. Gioiva nel sentire il calcio delle ossa spezzarsi sotto il suo peso e il sangue caldo schizzarle addosso e di certo un misero demone di seconda mano non le bastava affatto. Eppure, in fondo, non era colpa sua: Lilith l’aveva “viziata” negli ultimi tempi. L’Ira sapeva resistere molto meglio di così, aveva passato millenni a starsene buona quando una sua eventuale esplosione di rabbia avrebbe causato la scoperta e l’uccisione di Lilith e di Lust, cibandosi unicamente dei ricordi delle azioni passate, in battaglia, quando poteva permettersi di mostrarsi in tutto il suo splendore e furia alla luce del Sole rosso. Era stata Lilith a risvegliarla una volta arrivata alla scuola e ad averla abituata a continui scontri, seppur molti con nemici di poco conto, e a darle sempre maggior libertà, facendole dimenticare progressivamente la lunga astinenza, facendo nascere sempre più dentro l’Ira il desiderio soffocante di rifarsi di tutti quegli anni di prigionia e di non dover mai più dedicarsi ad una vita di stenti e rinunce: ora che si era ridestata non si sarebbe placata mai più, quella creatura alla continua ricerca di Morte e Dolore, al pari di una bimba viziata affamata di giocattoli sempre nuovi.
    Ti ho sentita.
    «Scusa.»
    Smise di pensare a Wrath per non accrescere il suo già troppo nervosismo e si sedette sul lettino, pronta per una lunga giornata di lavoro, sperando di non attendere troppo, come la volta precedente e di ricevere al più presto un incarico.
    E le sue preghiere furono esaudite.
    Su uno dei maxischermi della sala fu proiettata una videoconferenza indetta da un certo Marcus Caine: nome a Lilith del tutto sconosciuto. Ipotizzò che, possedendo un recapito del Comitato di Sorveglianza, dovesse essere un loro alleato e accettò la chiamata.
    Un uomo sulla cinquantina dai capelli bruni e gli occhi verdi protetti da spesse lenti rimase per una manciata di attimi interdetto e stupito, alla vista della Diavolessa, la quale, però, attese che il primo ad identificarsi fosse l’estraneo.
    «Buon pomeriggio signora, da come ha potuto leggere dal messaggio di chiamata il mio nome è Marcus Caine e sono un coordinatore della sorveglianza del confine nord di Mallet Island.»
    «Piacere signor Caine, il mio nome è Lilith e sono un nuovo membro del Comitato di Sorveglianza: mi esponga la situazione»
    E l’uomo obbedì all’istante.
    «Da un po’ di tempo, circa un’ora, è stato notificato uno scontro a Night Town abbastanza intenso e violento. Nonostante la non intromissione da parte della polizia nelle faide tra i Demoni abbiamo cercato di monitorare lo scontro, ottenendo, però, ben pochi risultati. Ciò che sappiamo per certo è che lo scontro ha sforato i confini di Night Town, rischiando di coinvolgere qualche civile e abbiamo mandato una squadra per accertarsi della situazione..»
    Lilith lo interruppe «Fatemi indovinare: non sono più tornati.»
    «Il collegamento audio è saltato completamente: buio totale»
    «È un classico.» disse lei, insensibile.
    Marcus sospirò «Vi abbiamo contattato per chiedervi aiuto: magari qualcuno di loro è ancora salvo o magari lo scontro minaccia ancora alla vita dei civili. Purtroppo abbiamo imparato a nostre spese la nostra incapacità dinanzi a questo nemico.»
    La mal celata sottomissione di Caine fu un colpo sicuro nei confronti dell’orgoglio di Lilith, che inspirò l’aria con fare determinato e orgoglioso, prima di rivolgere un sorriso rassicurante nei confronti del monitor «Avete raccolto altre informazioni mentre la squadra era ancora tutta intera in contatto con voi?» chiese.
    Caine le rivolse un cenno di dissenso con la testa: un misto di frustrazione e irritamento per la propria impotenza.
    Altro colpo sicuro.
    «Andrò di persona a controllare, signor Caine»
    Un luccichio rinsavì lo sguardo spento del poliziotto, ma prima che potesse ringraziare fu interrotto per la seconda volta.
    «Ringraziatemi solo quando tutto sarà finito.»
    Ma per ora puoi limitarti a strisciare ed implorarci.
    Stavolta la testa di Caine si smosse in un cenno di assenso «Spero di risentirla a breve, Lilith, buona fortuna.»
    «Arrivederci, Caine» e mise fine al collegamento.
    Non poteva credere in tanta fortuna: non si aspettava che le sue preghiere fossero state ascoltate e assecondate così in fretta, sentiva in quell’improvvisa coincidenza qualcosa di marcio, qualcosa d’imprevedibile e pericoloso ma l’eccitazione che in quel momento la invadeva (per la maggior parte a causa di Wrath) non le permetteva di preoccuparsi più di tanto. Certo: il fatto che lo scontro fosse perdurato per tanto tempo e che, nonostante un combattimento estenuante, il reduce fosse riuscito a spazzar via la polizia di Mallet Island non era cosa da poco ma finalmente Ira aveva ottenuto ciò che voleva; aveva chiesto uno scontro come si deve e l’aveva ottenuto.
    Ora non rimaneva altro che buttarsi nella mischia.

    Chiedo scusa per la qualità del post e per la continua intrusione delle altre due entità di Lilith ma essendo comunque l'Ira determinante per la scelta di Jacob per lo scontro le ho lasciato un pochino di spazio all'interno del post, scusatemi >.<
     
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    Ecco, lo sapeva: se l'era svignata. Fottutissimo quattrocchi cagasotto.
    Che l'unico amico che era riuscito a farsi dal suo arrivo in quella Scuola fosse irritante, saputello ed a volte certamente stupido lo sapeva da tempo. Ma che fosse uno di quelli che, quando ci si metteva d'accordo per uscire ed andare a rimorchiare, se la filava...beh, gli mancava. Cioè, vantava trascorsi da imperatore galattico che manco Freezer, e poi se la svignava piuttosto che passar la serata a lanciare occhiate alle tizie, offrire drink a vuoto e finire per ubriacarsi tanto da dover esser lavato via dal pavimento con lo scopettone a fine serata?
    E per rimediare a quell'affronto, c'era ovviamente solo ed esclusivamente un modo. Quale che fosse la scusa che si sarebbe trovato per essersela svignata: botte. Un sacco di botte. Calci nei denti e giù di li, tanto aveva pure imparato a rigenerarsi e farseli ricrescere no? E poi, aveva giusto giusto qualche nuovo trucchetto da mostrargli...
    Bastò pensarci e la furia dentro di lui sembrò sghignazzare, gongolante; forse meno espressiva ma non molto dissimile da quella che si agitava all'interno della ragazza stesa qualche metro più in la. Ma no...doveva smetterla! Non era qualcosa dentro di lui: era lui. L'aveva visto e sentito, e benchè ormai fosse fin troppo abituato a considerarla come un'entità estranea - fin da quel primo banco scagliato contro un professore, fin dal primo braccio spezzato per caso - avrebbe dovuto perdere quella concezione ed accettarla, accettarsi, per quel che era. Il che non era poi così difficile, considerata la possibilità di trasformarsi in un tipo-golem di lava e roccia folle ed isterico e spaccar su tutto impunemente. Forse l'idea di farlo di nuovo non avrebbe dovuto piacergli tanto ma...perchè? Aveva potere e li, alla Scuola, sprigionarlo non era solo una possibilità ma il suo dovere. Certo, prima gli serviva un bersaglio adeguato...ma bastava un'occhiata al Bollettino, no? Dopotutto, se se l'era cavata laggiù, poteva cavarsela ovunque!
    Ma basta pensieri del genere; era più che sicuro che giganti di roccia fusa ed onde energetiche color sangue non avessero granchè presa sulle ragazze di Mallet Town - o su qualsiasi altra. E se c'era un bisogno urgente quanto trovare Nemesi, o chi per lui, e massacrarlo di botte...era proprio quello. Che poi fosse pilotato anch'esso dai suoi geni divini o dalla semplice adolescenza, poco importava.
    E probabilmente fu proprio per quello che indugiò più a lungo del dovuto nella stanza, dopo aver constatato che il quattrocchi non si trovava più li; e che i suoi occhi in particolare percorsero più e più volte il sontuoso tragitto tra le curve della ragazza sdraiata, forse leggermente troppo pallida, ma decisamente...argh. Se voleva evitare azioni fin troppo sconsiderate persino per un Cacciatore, avrebbe fatto bene a trovare alla svelta il fottuto nerd dimensionale e dare a lui, sottoforma di calci e pugni, i colpi che avrebbe dato a qualcun'altro in tutt'altro modo.
     
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    La porta della Centrale si aprì, strappandola alle fantasie e riportandola alla realtà.
    Solo dopo avrebbe rimuginato su come uno studente non autorizzato fosse riuscito ad entrare senza permessi ma, in fondo, non le importava chissà quanto, considerando la qualità del pezzo di carne entrato nella sua tana.
    Un ragazzo grosso e imponente, scuro di carnagione e dal volto fanciullesco (o almeno così lo definiva Lilith, paragonandolo agli “uomini” incontrati fino a quel momento) nascosto sotto una maschera di rabbia quasi palpabile se ne stava lì, immobile, a scrutare la Sala alla apparente ricerca di qualcuno o qualcosa, soffermandosi su di lei.
    Ma l’eccitazione e l’interesse che il nuovo arrivato le procuravano furono soppresse quasi istantaneamente da un altro tipo di desiderio.
    GrrRrrRrRR
    Sentiva, dentro sé, una rabbia immane, imponente, insaziabile, forse scaturita dal fatto che Lilith non si trovasse già sul luogo dello scontro, a sfamare l’Ira a suon di mazzate ma il motivo, ne era sicura, non era solo quello. Fino a 5 minuti prima Wrath pregustava l’imminente battaglia, provocando sul corpo di Lilith fremiti e tremori così intensi da essere paragonati a quelli provati in una gelida giornata d’inverno, completamente nuda e sottoposta alla forza del vento spietato. Ma fu quando lo sconosciuto varcò la soglia e venne al suo cospetto che l’Ira, come lei, fu violentemente strappata alle sue fantasie cariche di urla e ossa spezzate, e il suo desiderio fu incrementato. Eppure, una parte di sé, sentiva che lo sconosciuto non era un comune studente privo di significato, per lei: Ira non continuò, indifferente, a concentrarsi unicamente sulla prossima missione, bensì si sentì fortemente attratta dallo sconosciuto, come se sentisse un certo feeling, un qualche strano punto in comune, con lui.
    E fu quando si destò dalla sua postazione scrutandolo meglio che sentì in lui una parte di sé, riconoscendolo non come un estraneo, bensì come un altro corpo ospite: non come un perfetto sconosciuto ma come una specie di fratello minore.
    E doveva, voleva averlo con sé: come compagno d’armi e, magari, scudo umano.
    Sentiva il bisogno di avvicinarsi, di conoscerlo, portarlo con sé: per una volta in migliaia d’anni non fu Lust ma Wrath a scegliere qualcuno, a desiderarlo.
    E Lilith non poteva sprecare un’occasione simile.
    <<Il mio nome è Lilith.>> disse fredda, mentre avanzava e si bloccava a qualche centimetro dall’altro <<Sei stato puntuale, sai? Stavo giusto per andare a scontrarmi con un nemico più impegnativo del solito e un paio di braccia forti e muscolose come le tue potrebbero essermi parecchio d’aiuto, caro..>> e dove la frase si fermò, lì ci sarebbe dovuto essere il nome del ragazzo poco distante da lei, dal quale non staccò per un secondo gli occhi da dosso, attendendo fremente una risposta di assenso da parte di lui, mentre, per la seconda volta in tutta la sua vita, ogni lato di sé, confidava in un si.
     
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    Ok che non era mai di certo stato il cesso della situazione, anzi. La riserva pullulava di giovani pellerossa in forma e, nonostante ciò, non aveva mai avuto grossi problemi a rimorchiare. Superare il classico imbarazzo iniziale e via, verso l'infinito e oltre - o più verosimilmente dietro qualche albero o sui sedili posteriori della macchina di papà - : niente di anormale, insomma. Ed ora invece, quella milfona color latte che ancheggiava verso di lui, ancheggiando e dedicandogli uno sguardo che avrebbe tirato su anche un morto; e rivolgendogli parola per prima - quando lui riusciva a malapena ad impedire alla sua mascella di crollare sul pavimento - , facendogli complimenti. Jacob non era mai stato un genio...ma in altre condizioni, persino lui avrebbe capito che si trattava di qualcosa di losco. Avesse potuto osservare la scena da lontano, dietro un schermo o giù di li, si sarebbe accorto che un'eventualità simile era fin troppo irrealistica al di fuori di una pellicola pornografica. Ma trovandocisi in mezzo, era già un miracolo che fosse riuscito a sollevare gli occhi dalle enormi tette di Lilith quando quest'ultima aveva aperto bocca, presentandosi.
    N-nemici? - che cazzo balbetti, pappamolla? Lei ti da del forte e tu le parli come un nerd occhialuto destinato a rimaner vergine a vita? - Non ti sfioreranno nemmeno con un dito, baby. - continua, dopo essersi schiarito la voce. Accompagnando il tutto con un piccolo guizzo del bicipite più vicino alla donzella. E prima di prenderlo ad insulti, provate a capirlo: è maggiorenne di poco. Alle ragazze dalla sua età in giù, spesso, bastava anche meno di così per levarsi le mutandine. E per qualche motivo, quella tizia stava letteralmente tirando fuori il peggio di lui, fin dall'istante in cui l'aveva vista; ed il fatto che ora gli fosse a poche spanne di distanza non migliorava affatto la situazione. Fare a botte per lei per conquistarne l'amore? Nessun problema!
     
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    E la risposta che tanto agognava arrivò. Gli angoli della bocca si sollevarono ampliando un sorriso già formato e stampato sul volto di Lilith: forse per facilitarne la persuasione, forse semplicemente un “si” era ciò che si aspettava sin dall’inizio, come da copione. In quel momento, dentro di sé, era tutto un sollievo: da parte di Wrath per aver acquisito un compagno d’armi che, in fin dei conti, non desiderava fare a pezzi, da parte di Lilith per aver ottenuto dalla sua parte un armadio che avrebbe fatto a botte per con lei e da parte di Lust per… va beh, si sa. In caso di missione compiuta lo avrebbe ringraziato come si deve e con molto piacere ma ci avrebbe pensato poi, quando avrebbe esaurito la fretta e la voglia di combattere lasciando libera la fantasia da pornoattrice qual’era: dovevano sbrigarsi.
    Si lasciò volutamente sfuggire un risolino quasi infantile, come a voler imitare una ragazzina in piena cotta <<Splendido! Allora andiamo, prima che i bollenti spiriti si spengano: i cattivi non ci aspettano!>> disse afferrandogli il braccio e trascinandolo con sé all’uscita, fermandosi quasi alla soglia. Per poco non se ne dimenticò, se non lo avesse fatto non se lo sarebbe mai perdonato.
    <<Aspettami qui, ci metto un attimo!>> sembrava quasi la solita scena pre-scopata ma, purtroppo per entrambi, c’era una questione più urgente da sbrigare, anzi due.
    Lilith corse verso una scrivania, strappando un foglio bianco e prendendo una penna. Si chinò a scarabocchiare un messaggio, piegata quasi del tutto a novanta sulla scrivania, cercando di farla passare come una posizione frettolosa e casuale…. Certo.
    Anche se c’era una battaglia ad attenderli non voleva certo rinunciare a divertirsi.
    Posò il biglietto su un tavolo non casuale <<Ecco qui.. Possiamo andare, adesso.>> e riprese Jacob per un braccio portandoselo via.
    Destinazione: Night Town.
     
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    Ma all'improvviso Sunshine piovve a casissimo su di loro, e non sapendo che fare, ritrovandosi evocato in scena senza nessuna ragione, decise di buon peso di gonfiarli entrambi come zampogne e di ballare sui loro cadaveri. Felice et Festoso.
     
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